Secondo una ricerca di Amundi, la crescita degli investimenti in modalità digitale nel segmento retail sarà trainata da chi ha una maggiore fiducia nelle proprie scelte e un patrimonio investibile più elevato

Secondo una ricerca di Amundi, la crescita degli investimenti in modalità digitale nel segmento retail sarà trainata da chi ha una maggiore fiducia nelle proprie scelte e un patrimonio investibile più elevato

Milano, Italia,

Amundi ha commissionato un sondaggio internazionale che ha coinvolto 4.186 investitori retail di età compresa tra i 21 e i 60 anni in 11 mercati europei e asiatici per capire come investono, perché investono e in quale modo lo fanno.

 

Milano, 22 gennaio 2024 - Amundi ha commissionato un sondaggio internazionale che ha coinvolto 4.186 investitori retail di età compresa tra i 21 e i 60 anni in 11 mercati europei e asiatici per capire come investono, perché investono e in quale modo lo fanno.

La ricerca, realizzata in collaborazione con alcuni partner in Europa e in Asia, rivela che quasi due terzi (64%) degli investitori retail a livello internazionale investono in modo digitale, totalmente (25%) o con un approccio ibrido online/offline (39%). Tuttavia, mentre l'esplosione delle opzioni di investimento digitali nell'ultimo decennio è spesso attribuita a cambiamenti di natura generazionale nei comportamenti, la ricerca mostra che l'utilizzo del digitale è generalmente elevato in tutte le fasce d’età e ancora più elevato tra gli investitori più facoltosi. Il 66% degli investitori retail di età compresa tra i 21 e i 30 anni investe almeno una parte del proprio portafoglio in modo digitale, mentre si registra un dato leggermente più basso nella fascia tra i 50 e i 60 anni (59%).

La ricerca mostra anche che l'investitore retail medio investe generalmente oltre la metà (53%) del proprio portafoglio in modo digitale senza avvalersi dei servizi di un professionista degli investimenti. Tuttavia, gli investitori continuano a fare affidamento su una consulenza finanziaria qualificata, con 2 intervistati su 5 che si rivolgono a un consulente professionista quando investono una somma pari a un anno di stipendio, quasi cinque volte di più di coloro che si rivolgono ai social media.

È molto probabile che i livelli di utilizzo del digitale aumentino nei prossimi cinque anni: quasi la metà degli investitori retail digitali prevede un aumento della percentuale dei propri investimenti digitali. Sebbene questo dato differisca notevolmente da paese a paese, con un massimo del 60% tra gli investitori in Svizzera e Singapore e un minimo del 31% in Francia e del 35% in Italia, sono gli investitori retail relativamente più abbienti e con una maggiore consapevolezza a prevedere un aumento dei propri investimenti con modalità digitale. Il 38% di coloro che hanno un patrimonio investibile inferiore a 20.000 euro prevede di aumentare la percentuale del proprio portafoglio investita in modo digitale, percentuale che sale al 55% tra coloro che hanno un patrimonio investibile superiore a 150.000 euro.

La fiducia in se stessi da parte degli investitori ha un ruolo significativo nel maggior ricorso al digitale: il 56% di coloro che sono fiduciosi di prendere le giuste decisioni in materia di risparmio e investimento prevede di aumentare la percentuale del proprio portafoglio investita in modo digitale, rispetto al 27% di coloro che si sentono meno sicuri. Accade all’incirca lo stesso per quanto concerne i valori e gli investimenti responsabili: il 71% degli investitori fiduciosi dichiara che è importante o imprescindibile che le loro opinioni si riflettano nelle decisioni di investimento, contro il 46% degli investitori meno fiduciosi.

Tuttavia, la ricerca mostra anche come l’industria finanziaria e degli investimenti debba adottare misure per favorire un maggiore coinvolgimento e inclusione delle donne che investono, per consentire che il divario di genere, il cosiddetto gender gap, negli investimenti non aumenti ulteriormente. Solo il 16% delle donne che investono è pienamente fiducioso di prendere le giuste decisioni finanziarie, mentre il 27% ritiene di essere poco informato. Il genere influisce anche sulle scelte dei prodotti: le donne sono molto più propense a investire in un conto deposito o in soluzioni di investimento a scadenza rispetto agli uomini (44% contro 34%) e molto meno propense a investire in ETF (26% contro 36%), spesso perché non sanno come farlo. Gli intermediari hanno l'opportunità di supportare e favorire l’acquisizione di una quota più ampia della ricchezza femminile se si impegnano ad intervenire su questo gap di fiducia e di informazione.

Fannie Wurtz, Head of Distribution & Wealth Division, Passive Business Line, ha dichiarato: "Stiamo assistendo a una profonda e duratura trasformazione della nostra industria, intensificata dalla rapida digitalizzazione e dai cambiamenti demografici. La nostra indagine, Decoding Digital Investment, è una risorsa essenziale per i nostri partner wealth e retail, poiché la ricerca fornisce preziose indicazioni su desideri, esigenze e sfide degli investitori retail."

Alcuni dati che emergono dalla ricerca con riferimento all’Italia

  • In Italia il 43% degli investitori retail investe in modalità digitale (del tutto o in parte)
  • Gli investitori italiani sono tra i meno propensi a investire attraverso una neobank (9%) o una app di robo-advice (3%)
  • In Italia le donne sono molto meno orientate a investire in modo digitale (35%) rispetto agli uomini (51%)
  • Tre investitori retail italiani su cinque (61%) si avvalgono attualmente dei servizi di un consulente finanziario professionista, un dato di gran lunga superiore alla media mondiale (46%)
  • Ciò detto, in Italia gli uomini sono meno propensi ad accedere alla consulenza professionale rispetto alle donne (65% contro il 58% degli uomini)
  • Solo il 17% degli investitori retail italiani prevede di investire di più nei prossimi 12 mesi
  • La diminuzione del reddito a disposizione è il fattore chiave che per quasi la metà (47%) degli investitori retail italiani spiega la riduzione dell’investimento nel 2024

Ilaria Pisani, Head of Sales ETF, Indexing & Smart Beta di Amundi SGR, ha commentato così i dati italiani: “La ricerca condotta da Amundi in materia di modalità di investimento da parte dei clienti retail evidenzia in Italia significative differenze di genere per quanto attiene ad esempio all’utilizzo di soluzioni digitali e al ricorso alla consulenza professionale. Conoscere questi dati è di grande importanza per orientare l’approccio di marketing e l’attività di consulenza in modo mirato sui bisogni e sui gap di conoscenza della clientela, aumentando così la sua soddisfazione”.

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A proposito di Amundi

A proposito di Amundi

Primo asset manager europeo fra i primi 10 operatori a livello mondiale[1], Amundi propone ai suoi 100 milioni di clienti - privati, istituzionali e corporate - una gamma completa di soluzioni di risparmio e di investimento in gestione attiva e passiva, in asset tradizionali o reali ulteriormente arricchita da strumenti e servizi IT che coprono l'intera catena del valore del risparmio. Controllata del gruppo Crédit Agricole, Amundi è quotata in Borsa e gestisce oggi AUM per quasi 2.200 miliardi di euro[2]

Grazie alle sei piattaforme di gestione internazionali[3], alle capacità di ricerca finanziaria ed extra-finanziaria ed all’impegno di lunga data nell’investimento responsabile, Amundi è un nome di riferimento nel settore dell’asset management.

I clienti di Amundi possono contare sulle competenze e sulla consulenza di 5.500 professionisti in 35 paesi.

Amundi, un partner di fiducia che lavora ogni giorno nell’interesse dei suoi clienti e della società

www.amundi.com    

Footnotes

 

  1. ^ [1] Fonte: IPE “Top 500 Asset Managers” pubblicato a giugno 2024, sulla base delle masse in gestione al 31/12/2023
  2. ^ [2] Dati Amundi al 30/09/2024
  3. ^ [3] Boston, Dublino, Londra, Milano, Parigi e Tokyo

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